“Destination: International” era il tema del brunch “multilocal” che si è tenuto il 24 gennaio, animato da Victoria Weidemann, CMO del Gruppo Acolad. Una tavola rotonda che ha riunito altri 3 esperti di marketing e comunicazione per parlare di gestione di immagine del brand all’estero e prevenzione dei rischi.Hanno partecipato all'incontro:
• Joël Gaudeul, CMO di Mention, SaaS leader del monitoraggio dei social media,
• Sophiane Laby, Social media strategist in Fcinq, agenzia di creazione dei contenuti,
• Timothée Gaget, direttore dell’agenzia Artcher, specializzata nelle questioni societarie, nella comunicazione sensibile e nelle sfide del territorio.
La gestione ottimale di una situazione di crisi dipende spesso dalla capacità di giocare d’anticipo. Esistono tuttavia vari modi di prevenirne l’impatto prima che assuma dimensioni più rilevanti.
Uno dei punti chiave per la gestione efficace di una crisi è la definizione di una strategia di comunicazione interna, che permetta di informare regolarmente l’insieme dei collaboratori sulle sfide aziendali e di trasmetterne i valori. Una crisi può essere influenzata rapidamente dalla diffusione di informazioni contraddittorie che spesso provengono dall’interno dell’azienda. Questo primo step limiterà quindi considerevolmente i rischi di una cattiva comunicazione.
Un altro elemento rilevante è l'identificazione degli ambasciatori del brand. Che si tratti di persone interne o esterne all'organizzazione, gli ambasciatori sapranno difendere naturalmente il brand. Non dimenticare mai che riunire i propri collaboratori intorno alla strategia scelta è decisivo in tempo di crisi, poiché possono contribuire a rafforzare l’immagine aziendale all’esterno.
La presenza sui social network gioca inoltre un ruolo essenziale nella gestione dell’immagine. Grazie ai canali di informazione, si aumenta sistematicamente la visibilità, permettendo alla community di interagire, condividere e amplificare i contenuti. Si deve inizialmente stabilire una strategia editoriale, da seguire nella creazione dei contenuti, per affermarsi come esperti di settore e acquisire credibilità.
Per agevolare la creazione di un’unità di crisi, la maggioranza delle aziende dovrebbe disporre di un “manuale” della crisi. Una risorsa che riunisca l’insieme delle informazioni indispensabili quali le procedure da rispettare, i contatti importanti (avvocati, esperti, giornalisti...) ma anche la documentazione da fornire in base all’evento verificatosi. Questo lavoro di fondo consentirebbe di focalizzarsi sul cuore della crisi.
Altro accorgimento, l’utilizzo di uno strumento di monitoraggio quale Mention permette di rilevare gli argomenti sensibili collegati con il brand, discussi sul web e sui social network. Questo tipo di tool risponde all’esigenza di sviluppare con efficacia l'attività di monitoraggio dei media e dei competitor, la gestione dei social network ma anche il social listening.
Infine se l’azienda è presente in più paesi o continenti, è cruciale curare sempre la comunicazione e tenere conto delle specificità culturali dei mercati locali. “Se non si ha un’impronta locale si ha un problema in più perché non si è in grado di rilevare segnali e sensibilità locali” ha commentato Joël Gaudeul, CMO di Mention. Poiché il pubblico può mostrare una diversa sensibilità, rispetto a determinati temi, in paesi diversi, le aziende internazionali adattano i loro contenuti di marketing grazie e servizi di localizzazione, copywriting o transcreation.
Quando si verifica la crisi, bisogna saperla gestire con efficacia. L’iter è spesso lo stesso: si scopre la crisi contemporaneamente o poche ore prima del grande pubblico. Come fare, quindi, per tenere la situazione sotto controllo senza lasciarsi sopraffare dagli eventi?
Conta ogni singolo minuto e le prime ore sono decisive. Sin dai primi solleciti da parte dei media, si può chiedere ai giornalisti di pazientare circa un’ora per avere il tempo di fornire un primo comunicato ufficiale. L’obiettivo è guadagnare tempo per trasmettere almeno le informazioni essenziali. Non temere di fornire una risposta imperfetta, potrà essere affinata in occasione di comunicazioni future. Un eventuale lancio di agenzie stampa sarà poi ripreso da diversi media.
Inizialmente occorre comunicare internamente, spiegare chiaramente i fatti ai collaboratori, ciò che si è già messo in atto e, se possibile, le azioni future. Raccomandare ai team interni di non parlare ai media, a meno che non rientri nella strategia studiata in funzione della natura della crisi. In alcuni casi infatti un brand potrebbe riuscire a mitigare le tensioni comunicando tramite ambasciatori interni.
Meglio mettere in stand-by la totalità delle campagne in corso e i social network. L’obiettivo è concentrarsi sulla crisi e non dover gestire il flusso in ingresso di commenti che interferirebbe con il piano d’azione.
Si può poi riunire l’unità di crisi, tenendo presente che più persone saranno coinvolte e più sarà rallentato il processo decisionale. È bene lasciare una certa autonomia al team locale per trattare la crisi il più rapidamente possibile. In generale, l’unità comprende direttore o responsabile della comunicazione ed esperti dell'ambito in cui si è verificata la crisi, quali un responsabile della sicurezza nel caso di un incidente, o un responsabile RSI per un danno ecologico. Si può poi affinare il messaggio nel tempo.
Bisogna capire l’origine della crisi per poi identificare i messaggi chiave, nonché i portavoce. “Una semplice tecnica che ci piace mettere in atto è quella di ricorrere all’interno per non dover necessariamente rispondere con la voce ufficiale del brand ma piuttosto puntare sui collaboratori e gli ambasciatori perché intervengano e interagiscano con i pubblici di riferimento, magari cercando di calmare le acque” consiglia Sophiane Laby, Social Media Strategist di Fcinqinq. Far esporre qualcuno in pubblico però non è una cosa banale, e le persone coinvolte devono essere consapevoli del peso che possono avere i loro interventi.
Una volta completati questi step, è possibile continuare a gestire la comunicazione su diversi canali. Si può anche organizzare una conferenza stampa. “La stampa oggi non è sufficiente nella gestione dei problemi di reputazione e si lavora soprattutto sui social network, sia per il monitoraggio che per la diffusione di messaggi” ha spiegato Timothée Gaget.
Una situazione di crisi ha sempre un impatto sull’immagine del brand. Il lavoro quindi non si ferma qui. Bisogna continuare a monitorare e assicurarsi che alcuni contenuti non impattino nuovamente sull’impresa.
Un report delle azioni intraprese e dei risultati aiuterà a constatare cosa ha funzionato e cosa no, a identificare le piattaforme in cui le informazioni sono state veicolate con maggiore efficacia e quelle su cui si sono verificate più interazioni positive o negative. Questo resoconto consentirà di valutare le modalità di gestione della crisi, tirare le somme e anticipare un piano d'azione per eventuali altre crisi.
La strategia futura dipenderà quindi dalle conclusioni dei report per poter proporre contenuti pertinenti, con l'obiettivo di rinsaldare la reputazione dell’azienda.